Storia dei Tratturi

"...e vanno nel tratturo antico, al piano quasi per un erbai fiume silente, su le vestigia degli antichi padri..." (G. D'Annunzio, I Pastori)

Un legame naturale lega da tempi remoti la Puglia alle montagne dell’Appennino centro-meridionale. È la transumanza, l’antichissima migrazione delle greggi che dalle altitudini dell’Abruzzo e del Molise scendevano nelle pianure del Tavoliere attraverso una fitta rete di “vie erbose”: i tratturi. La pratica della transumanza viene sottoposta ad un rigoroso regime fiscale istituito da Alfonso I d’Aragona nel 1447 con la “Regia Dogana della Mena delle pecore di Puglia”, che tutela in modo particolare i tratturi. I più importanti, che correvano con una fascia erbosa larga 60 passi napoletani (equivalente a circa 111 metri), erano detti “regi”. Vere e proprie autostrade “del Re”, di proprietà pubblica, erano sottoposti periodicamente a controlli sulla loro consistenza, perché spesso invasi e usurpati dai proprietari dei terreni confinanti.

I tracciati, di diversa lunghezza ed ampiezza (tratturi, tratturelli, bracci), si sono sviluppati nel tempo assecondando la naturale conformazione dei luoghi, seguendo il corso dei fiumi e i passi obbligati dalla presenza dei rilievi orografici, e nello stesso tempo hanno fornito l’orditura del paesaggio storico, sovrapponendo alle connessioni ambientali e naturali un articolato sistema di relazioni sociali e culturali. Diversi, inoltre, sono i segni dell’edilizia rurale che la civiltà agro-pastorale ha impresso al paesaggio: masserie, fontane, piccoli borghi rurali raccolti attorno a pittoresche e semplici chiesette che ancora conservano testimonianze della devozione popolare. E ancora cippi viari, croci scolpite, cappelle e taverne, ponti e guadi sui torrenti che testimoniano come tutta una architettura spontanea sia nata a servizio dei pastori e dei viandanti e sia diventata il segno distintivo di un’intera civiltà.

La Taverna di Calise

Questo spiega le ragioni per cui, pur essendosi perduta la originaria funzione fiscale ed economica, i tratturi abbiano conservato una identità di tipo culturale e antropologica e siano stati sottoposti al regime di tutela della legge 1° giugno 1939, n. 1089 (oggi ricompresa nel Codice dei beni culturali e del paesaggio D. Lgs. n. 42/2004) essendone riconosciuto non solo l’interesse archeologico, ma anche “la [...] notevolissima importanza storico-culturale, in quanto essi costituiscono la preziosa testimonianza di percorsi formatisi in epoca protostorica in relazione a forme di produzione economica e di conseguente assetto sociale basate sulla pastorizia e perdurati nel tempo così da rappresentare un frammento di preistoria conservatosi pressoché intatto nel tempo ed arricchitosi delle ulteriori stratificazioni storiche, tanto da renderlo il più imponente monumento della storia economica e sociale dei territori dell’Appennino abruzzese-molisano e delle Pianure apule

D’altro canto è ormai chiaro l’indirizzo del nostro ordinamento giuridico, che ha finalmente assimilato una nozione più ampia di “bene culturale”, con il riconoscimento di nuove categorie di beni “in quanto testimonianze aventi valore di civiltà” (D. Lgs. n. 42/2004 art. 2). Inoltre, l’art 7 bis integrativo introdotto dal d.lgs. n. 62 del 2008 ribadisce che “Le espressioni di identità culturale collettiva contemplate dalle Convenzioni UNESCO per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale e per la protezione e la promozione delle diversità culturali [...] sono assoggettabili alle disposizioni del presente codice qualora siano rappresentate da testimonianze materiali e sussistano i presupposti e le condizioni per l’applicabilità dell’articolo 10.

Una struttura adibita alla conta delle pecore in prossimitá di Candela (FG)

Pertanto il valore culturale non è più rappresentato dall’oggetto materiale nella sua estrinsecazione fisica, ma si concretizza nella funzione sociale del bene, visto come fattore di sviluppo intellettuale della collettività e come elemento attorno a cui si definisce l’identità delle comunità locali.

In tal senso l’azione di tutela e valorizzazione deve superare l’ambito circoscritto alle sole fasce tratturali per estendersi al complesso sistema paesistico e culturale del quale sono parte.

Si tratta di un complesso palinsesto di strade, beni rurali, documenti epigrafici, evidenze archeologiche che ha contribuito in maniera significativa a strutturare il paesaggio agrario della Capitanata e la sua storia economica e sociale, e che si offre quale ambito esemplare sia di indagine storica che di valorizzazione del territorio. Infatti oggi, pur essendo andati perduti in alcuni casi i contorni dei tracciati originali, grazie al sistema di diffuse testimonianze che ancora si rinvengono, possiamo ricomporre i segni materiali dell’antica civiltà della transumanza, e da qui ripartire per proporre percorsi di visita alternativi a quelli consueti, capaci di valorizzare le aree interne montane e rurali con il loro ricco patrimonio di risorse culturali e ambientali.

Mappa di Foggia

Nell’intento di fornire un quadro esaustivo di tutte le componenti che concorrono a formare il palinsesto paesaggistico delle terre della transumanza, lo studio ha seguito vari indirizzi di ricerca. Un primo aspetto indagato è stato quello della memoria, intesa nella sua accezione più vasta come insieme di tracce, da individuare nella produzione letteraria, pittorica e fotografica che, sebbene attraverso il filtro della soggettività degli autori, restituisce il valore che questa civiltà ha rappresentato, tanto nell’immaginario delle comunità coinvolte che in quello dei visitatori forestieri. Sempre seguendo il filo delle testimonianze, che in questo caso assumono il valore di vere e proprie prove documentali, è stata effettuata un’ampia ricognizione della cartografia storica prodotta dalla Dogana e dai successivi organismi che ne hanno ereditato le funzioni amministrative e fiscali. Una mole considerevole e appassionante di carte che, attraverso prammatiche reali, reintegrazioni, usurpazioni e contenziosi, fotografano la dimensione sociale ed economica del paesaggio agrario del Mezzogiorno attraverso i quattro secoli di vita del sistema doganale. La ricca documentazione, selezionata per il caso applicativo del tratturo Pescasseroli-Candela, ha fornito, inoltre, una straordinaria mappa per orientare la ricerca sul campo non solo delle strutture pertinenziali e delle fasce tratturali, ma anche dell’uso storico del suolo attraverso le persistenze toponomastiche.